01 dicembre 2009

I nostri colori

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Nei tuoi grandi
occhi scuri,
vedo il mio
sguardo imberbe.
Quando non sapevo che
tu avresti avuto
i miei stessi colori.
Quando non sapevo che
ti avrei avuto.
Figlia,
sei grande anche se piccola,
sei forte anche se fragile,
sei saggia anche se giovane.
Hai dato un senso
alle mie piccole cose.
Ogni padre, dovrebbe.
Pietro Busalacchi

14 ottobre 2009

La mia strada per uscire dalla crisi

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Devo dire che gioco-forza, colpa di questa maledetta crisi, mi sono impegnato a creare un impegno nel campo informatico cercando un settore non troppo inflazionato. E così è nata l'idea di Assistenza Digitale rivolta ai privati, con la correlata figura, questa un po' più recente di Assistente Informatico Personale. Il vecchio lavoro lo svolgo ancora part-time.

Adesso comunque la mia seconda attività è quella che mi occupa decisamente di più. E questo ha aspetti positivi ed aspetti negativi. Tra le cose positive c'è senz'altro l'incontrare gente sempre nuova, di trovare stimoli nei problemi che la gente di sottopone, sentirsi apprezzati per il lavoro svolto ed una gestione della vita familiare divenuta molto più semplificata.

Tra le cose negative ce ne è soprattutto una: i soldi. Pochi e maledetti. Tutto questo non è stato facile. Ho dovuto farmi della pubblicità, curare personalmente la distribuzione di volantini, creare piccole campagne, scervellarmi su quale fosse il modo migliore per porsi. Cercare di approfondire cose che avevo prima solo sfiorato. E il mio fisico ne ha risentito. L'ansia è andata aumentando.

Però quando le cose vanno in un certo modo credo che piangersi addosso sia una cosa stupida è inutile, una perdita di tempo e di energie. Ecco, io quelle (poche) energie ho cercato di convogliarle per creare qualcosa di mio. Smettendo di sperperare soldi in cose inutili, risparmiando su tutto.

Anche nello scrivere su questo mio blog [scritto in origine su BlogOltre], che in questi giorni celebra i sette anni di vita, sono stato parco. Chissà da oggi potrebbe esserci la ripresa.
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10 febbraio 2009

Quella ragazza che amavamo

di ADRIANO SOFRI

da la Repubblica del 10 Febbraio 2009
Ormai la diversità dei pensieri si era tramutata in una dannazione reciproca, una messa al bando, una insofferenza esasperata. E neanche ora, neanche in hora mortis nostrae, si rimarginerà, temo. Ma, forse solo per un piccolo risarcimento, forse perchè è la cosa più importante, possiamo riconoscerci tuttiquasi tuttiin un acquisto dapprincipio imprevedibile, e che non era nei propositi. Abbiamo tuttiquasi tutti: non fa bene ignorare il cinismo e la cattiveria veravoluto molto bene alla ragazza Eluana.Le abbiamo voluto sempre più bene, man mano che passavano gli anni e la ferita si esacerbava mille volte di nuovo e noi intanto diventavamo grandi o vecchi, nascevamo e ci ammalavamo e, qualcuno, morivamo: e quel viso di ragazza continuava a guardarci illeso dal tempo e dalla sventura. Prima della fotografia, i ritrattisti delle famiglie del nord d'Europa, di quelle che potevano permetterselo, dipingevano una volta all'anno il gruppo di famiglia, sicchè sulle pareti domestiche scorrevano le generazioni, i bambini diventavano adulti, gli adulti vecchi, matrimoni rinnovavano la scena, nuovi nati facevano la loro comparsa. In quelle gallerie di quadri ricordo, c'erano alcune figure di bambini o di giovani che non cambiavano più aspetto, il tempo non le lavorava più, perchè erano morti giovani o bambini, e una rossa crocetta dipinta sopra la testa avvertiva della loro perdita, ma non si aveva cuore di espellerli dal gruppo.

Il signor Englaro, rifiutandosi, contro la propria presumibile convenienza, di esporre le fattezze di Eluana se non fino al punto in cui l'ebbe perduta, ha suscitato in tutti noi lo stesso risultato pieno d'affetto e di rimpianto. Abbiamo voluto bene a quella ragazza meravigliosa, al modo in cui i suoi occhi continuavano a guardarci così da lontano, così da vicino, e l'abbiamo rimpianta come una nostra compagna di viaggio insieme perduta e illesa.

Abbiamo voluto bene, ogni giorno di più, anche alla Eluana che non vedevamo, che non abbiamo mai visto, nella quale la ragazza dagli occhi profondi si continuava e si consumava, e abbiamo avuto pietà di lei e di noi. Quel padre che, chiuso in un suo cerchio senza uscita, combinava e ricombinava senza ostentazione e senza falso pudore le belle fotografie della sua creatura, come per ricominciare ogni volta a far scorrere la vita della sua carissima figlia prima che la promessa si spezzasse, ce l'ha fatta amare, senza proporselo. Senza proporsi altro se non di avere la legge dalla propria parte, e le persone, perchè una buona legge dev'essere dalla parte delle persone e del loro dolore. L'ha conservata così, nella memoria di una comunità che l'aveva adottata, benchè si lacerasse sul suo destino.

Se c'è una sottile speranza che l'Italia non esca più amara e incattivita da una vicenda oltraggiosamente accanita, è in questo amore condiviso. Il signor Englaro non ha mirato a nessuna convenienza. Non ha fatto conti. Ha fatto quello che sentiva come il suo dovere. Se fosse stato un uomo politicocioè un politico, oltre che l'uomo che si sarebbe sottratto alla piccola trappola della gara col tempo, che metteva in scena nel rullo di tamburi del precipitoso finale il copione degli uni che bruciavano le ore per salvare una vita, degli altri che bruciavano i minuti per sacrificarla. ("Il sacrificio non sia vano": frase pronunciata ieri sera in Senato, non so con quanta consapevolezza, bestemmia più enorme di tutte, che accusa di un sacrificio umano, e pretende di riscattarlo, per giunta con una legge folle).

Si sarebbe esposto alle intemperie sulla cima di un campanile friulano per protestare: dopotutto il capo del governo si era spinto, non so con quanta consapevolezza, a dire che quella sua figlia perduta avrebbe potuto partorire. Avrebbe fatto uno sciopero della fame e della sete, per replicare a chi lo accusava di voler assassinare per fame e sete la sua creatura. Li avreste visti volare, allora, i sondaggi, angeli custodi della superstizione e della demagogia contemporanea. Verrebbe voglia di dire che bisogna tutti sforzarsi di richiudere questa ferita, ma non sarà così. Le ferite non si chiudono. Non si chiuse quella di Moro. La disputa sul corpo di Eluana è per l'Italia del nuovo millennio una tragedia senza catarsi, senza redenzione, come fu quella sul corpo di Moro per la fine del secolo scorso. Ho guardato il minuto di raccoglimento al Senato: sembrava piuttosto, per quei grami presenti, la concentrazione nell'angolo prima dell'ultimo round.

Certi uomini politici, cioè certi politici, prima degli uomini che dimenticano di esserefanno molti conti. Vedrete: anche ora che il corpo di Eluana non è più perquisibile dai Nas, mostreranno di voler procedere per la loro strada. Legislatori tutti d'un pezzo, pronti a decretare la mia, la vostra, l'impossibilità di ciascuno di rifiutare per sè la nutrizione artificiale, una volta che ci trovassimo privati senza ritorno della nostra coscienza. Pazzia. Silvio Berlusconi ha voluto dire che lui, nella condizione di Beppino Englaro, n on potrebbe mai "staccare la spina". Sia risparmiata la prova a lui e a noi. Tuttavia la prova è stata imposta a tanti, e qualunque sia la loro scelta, compresa quella di non rassegnarsi mai al commiato, dev'essere rispettata, amata e sostenuta. Ma provi Berlusconi a immaginare un'altra eventualità: che tocchi a lui di uscire da una rianimazione in una condizione vegetativa irreversibile.

Vorrebbe o no poter decidere, finchè il senno e la fortuna siano dalla sua, come debba chiudersi la sua esistenza, o preferisce lasciarne il peso ai suoi figli, per giunta votando ad horas l'obbligo a nutrirlo artificialmente senza fine? Questo era già il punto, ora lo è ancora più nitidamente. Mettete via i cartelli opposti che intimano: "Giù le mani da Eluana". Salutiamola, Eluana, con l'amore che si sapeva riservare alle ragazze perite, tenerelle, pria che l'erbe inaridisse il verno. Quanto a noi, scriviamo ciascuno sul proprio cartello: "Giù le mani da me, per favore".

Tecnica di un colpo di stato

di Marco Travaglio
A lui (Berlusconi) non frega nulla di Eluana. A lui interessa affermare il principio che una sentenza definitiva può essere ribaltata per decreto, o per legge ordinaria, o per legge costituzionale. A lui non frega nulla della vita e della morte. A lui interessa compiacere il Vaticano con un decreto impopolare ma a costo zero, fatto già sapendo che il Quirinale non lo firmerà, dunque senza pagare alcun prezzo di impopolarità. A lui non frega nulla delle questioni etiche. A lui interessa coprire il colpo di mano contro la giustizia e la civiltà: i medici trasformati in questurini e delatori contro i malati clandestini; le ronde illegali legalizzate; le intercettazioni legali proibite; gli avvocati promossi a padroni del processo, che faranno durare decenni convocando migliaia di testimoni inutili per procacciare ai clienti ricchi l'agognata prescrizione; i pm degradati ad «avvocati dell'accusa», come negli stati di polizia, dove appunto la polizia, braccio armato del governo, fa il bello e il cattivo tempo senza controlli della magistratura indipendente; dulcis in fundo, abolito l'appello del pm contro l'assoluzione o la prescrizione in primo grado, ma non quello del condannato (non hai vinto? Ritenta, sarai più fortunato), sempre all'insegna della «parità fra difesa e accusa». Tutte leggi incostituzionali che, dopo il no del Quirinale al decreto contra Eluanam, hanno molte possibilità in più di passare. Per giunta, inosservati. Parlare di colpo di Stato è puro eufemismo. E poi, che sarà mai un colpo di Stato? Se la Costituzione non lo prevede, si cambia la Costituzione.

08 febbraio 2009

Non poteva esserci scempio peggiore!

di EUGENIO SCALFARI

[da la Repubblica dell'8 febbraio 2009]
IL CASO ENGLARO appassiona molto la gente poiché pone a ciascuno di noi i problemi della vita e della morte in un modo nuovo, connesso all'evolversi delle tecnologie. Interpella la libertà di scelta di ogni persona e i modi di renderla esplicita ed esecutiva. Coinvolge i comportamenti privati e le strutture pubbliche in una società sempre più multiculturale. Quindi impone una normativa per quanto riguarda il futuro che garantisca la certezza di quella scelta e ne rispetti l'attuazione.

Ma il caso Englaro è stato derubricato l'altro ieri da simbolo di umana sofferenza e affettuosa pietà ad occasione politica utilizzabile e utilizzata da Silvio Berlusconi e dal governo da lui presieduto per raggiungere altri obiettivi che nulla hanno a che vedere con la pietà e con la sofferenza. Non ci poteva essere operazione più spregiudicata e più lucidamente perseguita.

Condotta in pubblico davanti alle televisioni in una conferenza stampa del premier circondato dai suoi ministri sotto gli occhi di milioni di spettatori.

Non stiamo ricostruendo una verità nascosta, un retroscena nebuloso, una opinabile interpretazione. Il capo del governo è stato chiarissimo e le sue parole non lasciano adito a dubbi. Ha detto che "al di là dell'obbligo morale di salvare una vita" egli sente "il dovere di governare con la stessa incisività e rapidità che è assicurata ai governanti degli altri paesi".

Gli strumenti necessari per realizzare quest'obiettivo indispensabile sono "la decretazione d'urgenza e il voto di fiducia"; ma poiché l'attuale Costituzione semina di ostacoli l'uso sistematico di tali strumenti, lui "chiederà al popolo di cambiare la Costituzione".

La crisi economica rende ancor più indispensabile questo cambiamento che dovrà avvenire quanto prima. Non ci poteva essere una spiegazione più chiara di questa. Del resto non è la prima volta che Berlusconi manifesta la sua concezione della politica e indica

le prossime tappe del suo personale percorso; finora si trattava però di ipotesi vagheggiate ma consegnate ad un futuro senza precise scadenze. Il caso Englaro gli ha offerto l'occasione che cercava.

Un'occasione perfetta per una politica che poggia sul populismo, sul carisma, sull'appello alle pulsioni elementari e all'emotività

plebiscitaria.