30 marzo 2008

Va e vieni nell'ombra (dedicata a Manilo)


da akatalepsia

Va-e-vieni nell'ombra, dall'ombra interiore all'ombra esteriore dal sé impenetrabile al non-sé impenetrabile passando né dall'uno né dall'altro come tra due rifugi al rischiaro le cui porte appena si avvicina si chiudano dolcemente, e appena ci si volti ancora si dischiudano dolcemente ritornare e ripartire chiamati e respinti senza distinguere il luogo di passaggio, velato da quel baluginìo o dall'altro solo brusìo i passi che nessuno ascolta fino ad arrestarci infine una volta per tutte, per tutte assente da sé e d'ogni altro nessun brusìo infine allora dolcemente la luce senza declino su questo né uno né altro impercepito questa indicibile dimora d'angoscia.




pietrobi
mieterre.it

Submitted on 2008/03/30 at 9:43am
Il mio dubbio, la mia paura è che insieme al dolore si possa sbiadire la memoria…e che senza dolore non possa esserci memoria.
elle

Submitted on 2008/03/30 at 9:33am
Questo passo di Becket bene si attaglia alla memoria ancora prossima; va e viene, ancora nitida, la presenza di chi ci ha lasciato. Accade anche a me che ho perso un fratello molto prima di te. Ci vuole tempo, ci vuole tempo…

I Pirati a Palermo

[da Il Consiglio]

Canta: Etta Scollo
cantautrice Siciliana
I pirati a Palermu
Arrivaru li navi
tanti navi a Palermu
li pirati sbarcaru
cu li facci di nfernu.
N'arrubbaru lu suli, lu suli,
arristammu allu scuru, chi scuru,
Sicilia
Tuttu l'oru all'aranci
li pirati arrubbaru
li campagni spugghiati
cu la neggia lassaru.
N'arrubbaru lu suli, lu suli,
arristammu allu scuru, chi scuru,
Sicilia
Li culura a lu mari
arrubbaru chi dannu!
Su mpazzuti li pisci
chi lamentu chi fannu.
N'arrubbaru lu suli, lu suli,
arristammu allu scuru, chi scuru,
Sicilia
A li fimmini nostri
ci scipparu di l'occhi
la lustrura e lu focu
c'addumava li specchi.
N'arrubbaru lu suli, lu suli,
arristammu allu scuru, chi scuru,
Sicilia (chianci)

28 marzo 2008

Io, Manilo, nostra madre (Gennaio 2004)






Così la mattina scelgo la strada più lunga per arrivare, quella che mi fa vedere più verde e meno auto. Quella in cui ci sono soventi curve, in cui tra le rughe dell'asfalto qualche pianta, o dell'erba, approfitta di granelli di terra per affondare le radici.
L'ultimo tratto scorre alle pendici esposte a ponente di un colle. Da un lato scorgo roccia e arbusti, dall'altro gli argini del Retrone; torrente capriccioso e viziato dalle acque padane. Tra i volteggi del suo letto, quando s'affacciano i primi freddi d'autunno, alle prime luci dei giorni sereni, appaioni foschie uniche. Come un uomo di bassa statura, le nebbie rimangono sospese a mezz'aria, sotto la linea d'occhi di qualunque provvido campiere. Tra i verdi e gli scoli d'acque, lo spettacolo di silenzio nelle ovatte di bianco si ripresenta come miracolo. Lascierei l'auto se potessi, in un bordo che non esiste perchè fagocitato dai canali di scolo.
Immagina l'assaporare gli odori pregni di terra e nebbie. E poi chinarsi negli abissi delle foschie, per svanire solo un istante. Manilo

15 marzo 2008

Preghiera della domenica

Questo post è da ascoltare.  Per farlo dovrete cliccare, scaricare ed ascoltare la Preghiera della domenica.