Da sette giorni si fa lo sciopero del carrello, cioè del vitto, pane compreso, che viene distribuito con un carrello, donde la dizione. Non è un digiuno, perché si consuma il cibo comprato in carcere o portato dai familiari. Ammesso che si abbiano famigliari o euro. Gli stranieri, e molti italiani, non ne hanno.
Dunque lo sciopero del vitto, anticamera dello sciopero della fame gli equivale già per molti. Bisogna che chi non ha ammetta di non avere - spesso se ne vergogna -, per orgoglio. Bisogna che chi non vuole partecipare lo faccia senza subire ressioni.(...)Chiudiamo con le parole di Sofri: «Ben venga, chiunque, a mettere il cappello su questa feccia vilipesa. Ben fosse venuta, la grande manifestazione di San Giovanni, a metterci su un berrettino caldo.»
Ora ci mettiamo in cerchio, e parliamo di come continuare nella protesta indetta da Rebibbia e altre carceri maggiori. Poiché non si tratta né di una vertenza sindacale, che supponga una trattativa, né di una spallata, che ammetta un oltranzismo, ma di dare durata e calma a una testimonianza, si decide di passare a una settimana di sciopero dell'aria.
L'espressione è appropriata, fa immaginare una gente che boccheggia, una specie di apnea fisica e spirituale. Non si esce all'aria, né piccola né grande per una settimana.Non si vada a camminare su e giù come le pantere spelate allo zoo, né ad appoggiarsi al muro con gli occhi chiusi, né a giocare a pallone, né a star seduti a guardare il cielo sopra di noi.
Sacrificio da poco, direte be', provateci. La galera è appunto un luogo estremo, dal quale sono abolite le cose di mezzo che fanno la vera vita, quelle di cui neanche ci si accorge più. In galera tutto è nulla, perché si è animali incattiviti e mutilati di tutto, e però i dettagli minimi si prendono un peso enorme.
Intanto sono saliti a 95 i penitenziari che aderiscono alla protesta pacifica organizzata dai detenuti per ottenere migliori condizioni di vita, sanitaria e di prospettive. E i sindacati del settore penitenziario hanno scritto una lettera aperta al ministro Castelli: «Se ha prove incontrovertibili a sostegno delle sue dichiarazioni "la sinistra soffia sul fuoco del disagio carcerario"), ne dia pubblicazione. In caso contrario, misuri i toni delle sue affermazioni, che rischiano di mettere in serio pericolo la sicurezza del sistema e degli operatori che nel sistema lavorano con sacrificio.»