Questo pomeriggio mi trovavo a passare vicino all'ingresso del capannone della ditta in cui lavoro. Il sole picchiava duro e la superfice metallica dell'ampio portone di ferro, spalancato dalle prime ore dell'alba, emanava calore come fosse un termosifone al massimo della sua potenza.
Poco al di là della soglia vidi la figura di un ragazzo, berretto in testa e una borsa della spesa di quella con le ruote trainata con una mano.
"Uffa..." mi sono detto "...i soliti venditori di cianfrusaglie che entrano in ditta senza chiedere permesso e te li ritrovi dentro gli uffici senza che te ne accorgi neppure!"
Con l'indice della mano destra gli ho fatto un inequivocabile segno di "no, non è possibile".
Il ragazzo mi guarda, si ferma, poi riprende varca la soglia del capannone facendo scattare la fotocellula dell'allarme anti-intrusione.
"NON PUOI ENTRARE" gli urlo approssimandomi a lui.
"Tu mi stai dicendo questo perché SONO DI PELLE NERA!" mi risponde lui fissandomi negli occhi.
"No ti sbagli" gli dico "del colore della tua pelle non me ne importa nulla il fatto è che tu non puoi entrare senza chiedere il permesso, tutto qui."
"Io non dovevo entrare da nessuna parte sto solo mettendo della pubblicità nella cassette della posta. Tu hai pensato che ti volessi vendere qualcosa solo perché sono NERO ammettilo!" A quel punto si è voltato ha varcato di nuovo la soglia del capannone ha messo del materiale pubblicitario nella cassetta e voltato l'angolo è sparito dalla mia vista.
Ci sono rimasto male, molto, molto male. Soprattutto perché aveva ragione. Io razzista? Forse si, nonostante tutto il mio parlare, la mia personale storia, il mio bagaglio culturale. Mi ero fatto sopraffare, indubbiamente, da un pregiudizio basato sul colore della sua pelle.
A quel ragazzo adesso vorrei chiedere scusa. Ma forse a lui delle mie scuse poco importa.
[Il disegno è tratto dal questo sito]