È davvero un'ottica limitata la nostra, se il primo pensiero che ci ossessiona, senza lasciare posto ad altre considerazioni, è il pensiero delle vittime?
Le molte persone che a Londra, questa mattina, hanno incominciato una giornata che non concluderanno sono per noi la prima, fondamentale verità di ciò che abbiamo sentito e vissuto oggi.
Troviamo lontane da questa verità le considerazioni sulla contiguità con il G8, sull'attacco a un paese così fortemente impegnato nella guerra all'Iraq, sulle analogie con gli attentati terroristici a Madrid...
Sentiamo inadeguati gli annunci che «non prevarranno», che «la guerra al terrorismo proseguirà con maggiore slancio», che infine «noi vinceremo»...
Cessa di essere sensata ogni ripetizione di parole già dette e sentite: vuote e sterili, se ci hanno condotto di fronte allo spettacolo cui oggi assistiamo.
Se persistiamo nel sentirci una parte dell'umanità contro un'altra, alimentiamo uno scontro infinito, un'interminabile sequenza alternata di reazioni e contro-reazioni, di assassini e di sofferenze.
Forse il dolore ispira più saggezza di quanta possa suscitarne l'indignazione.
Il dolore per le vittime del terrorismo e della guerra, delle bombe e dei bombardamenti, è lo stesso; non muta al variare dei soggetti che più direttamente lo provano.
S'è detto oggi «siamo tutti londinesi».
Se ci sentiamo anche tutti iracheni, o afgani, o ceceni, forse intravedremo una diversa direzione per uscire da queste assurdità, un cammino opposto a quello di una guerra infinita.
Vincere il terrorismo rifiutando ogni violenza è il solo percorso possibile.
Contrastarlo con mezzi che gli somigliano è una strada senza uscita. Lo suggerisce l'idea che abbiamo di umanità. Sempre più lo insegna l'esperienza.
09 luglio 2005
Oltre ogni violenza
Comunicato di Emergency del 7 luglio 2005